martedì 2 novembre 2010

Da Obama al Tea party: l’America che vota (di Matteo Sacchi)

In Usa siamo in zona di Midterm elections. E, comunque vada a finire il partito democratico che con la vittoria di Obama sembrava aver imbroccato un vento favorevole di lunga durata si è invece trovato ad affrontare a sorpresa un difficile match race. Da un lato l’ascesa del «presidente dei sogni» si è dovuta scontrare con la dura realtà, dall’altro dalle ceneri di un partito repubblicano in crisi è nata una fenice molto più agile e snella che ha pescato a man bassa tra i ceti popular: il Tea Party. Per capire perché la macchina da guerra dello «Yes, we can» si sia inceppata ci sono due libri brevi brevi ma di grande aiuto.
Il primo è Obama, l’irresistibile ascesa di un’illusione a firma di Martino Cervo e Mattia Ferraresi (Rubettino, pagg. 120, euro 10, prefazione di Giuliano Ferrara). Il secondo è L’ora dei “Tea Party” di Marco Respinti (Solfanelli, pagg. 160, euro 12). Il merito di Cervo (capo redattore di Libero) e Ferraresi (corrispondente da Washington del Foglio) è quello di aver colto nel loro libro il ruolo messianico che Obama ha finito per incarnare agli occhi della maggioranza degli americani. La sua arma vincente è stata la capacità di creare un sincretismo «simbolico-religioso» che lo ha trasformato in una sorta di redentore laico, un’icona degna delle fantasie di Gioacchino da Fiore. Vi sembra un’esagerazione? Magari lo è, ma il duo Cervo-Ferraresi la argomenta bene, utilizzando gli stessi discorsi di Obama: «È in quelle strade, in quei sobborghi che ho sentito per la prima volta lo spirito di Dio che si rivolgeva a me. È lì che mi sono sentito chiamato a un compito più alto...» (Discorso al National Prayer Breakfast, 5/2/2009). Insomma per usare le parole di Giuliano Ferrara: «Una antica tentazione di religione civile si manifesta in Obama... è ciò che la gente sopra tutto chiede o sembra chiedere nel nostro tempo credulone senza fede».
E se questa tentazione sincretica è comunque parte del sogno americano, Marco Respinti - giornalista e Senior Fellow del Russell Kirk Center - racconta invece la rivolta della concretezza del “Tea Party”. Perché anche la concretezza e l’ideale libertario, l’odio verso il pubblico e la tassazione sono miti americani fondanti. E qualcuno li sta riscoprendo. Il suo libro è nato riunendo e riorganizzando molti degli articoli che ha scritto per diverse testate italiane: leggendo questo “patchwork” (del resto è la coperta preferita delle massaie a stelle e strisce) si capisce come lo spirito di rivolta fiscale che caratterizzò la nascita degli Stati uniti sia ancora ben vivo. Ecco perché cenacoli informali, composti da poche decine di persone, sono riusciti a trasformarsi in un movimento che contesta Obama dal basso. Un movimento che potrebbe riuscire a scatenare la tempesta perfetta per abbattere il piedistallo su cui è issato il presidente-Nobel.

Matteo Sacchi

http://www.ilgiornale.it/cultura/da_obama_tea_party_lamerica_che_vota/02-11-2010/articolo-id=484161-page=0-comments=1

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