lunedì 1 novembre 2010

È scoccata “L’ora dei Tea Party” (la Discussione, 31/10-1/11/2010)

Negli Stati Uniti d’America monta la delusione per il “cambiamento” promesso e mai concretizzato dal presidente Barack Hussein Obama.
Il 19 febbraio 2009 il malcontento si è incanalato in una rivolta popolare e piuttosto trasversale di natura fiscale, i “Tea Party”: un richiamo alla storia e alle tradizioni politiche del Paese, un appello allo “spirito del 1776” e al conservatorismo costituzionale, una formula felice e accattivante.
Come racconta Marco Respinti in “L’ora dei Tea Party”, edito da Solfanelli, negli States il fenomeno sta crescendo e si sta moltiplicando: Tea Party sono cenacoli informali, riunioni di poche decine di persone oppure raduni con migliaia di partecipanti, alcuni famosi, per la maggior parte cittadini comuni. Gridano alla politica che la misura della sopportazione è oramai colma, che nessuno ha più voglia di pagare i costi e i danni prodotti da altri, soprattutto dallo Stato. La crisi finanziaria ha innescato la miccia e oggi continua ad alimentare la protesta. Ma i “Tea party” sono molto più della pur dura e doverosa contestazione dell’Amministrazione Obama e delle sue politiche liberal. Sono il modo in cui sta prendendo vita, nuova vita, il movimento conservatore grassroots, cioè popolare ma non populista, dopo la sconfitta subita dal Partito Repubblicano alle elezioni del 2008.

la Discussione
domenica/lunedì
31 ottobre/1 novembre 2010
p. 7

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