martedì 19 ottobre 2010

Recensione: "L'ora dei Tea Party" (Stefano Magni, "l'Opinine")

L’ora del tè scatta alle 5.00 del pomeriggio per tutti i popoli anglosassoni che si rispettino. L’ora del “Tea Party” è scattata il 15 aprile 2009, quando gli americani hanno dovuto, come tutti gli anni, finire di pagare le tasse agli uffici dell’Internal Revenue Service. E’ allora che è comparso un movimento politico nuovo, ma dalle radici antiche, che si oppone al gigantismo del potere statale.
Il giornalista e saggista Marco Respinti lo presenta a un pubblico italiano con il suo nuovo libro “L’ora dei Tea Party”, edito da Solfanelli, primo volume della nuova collana Us Polis.
L’ora del tè, in Italia, deve ancora scattare. E del fenomeno americano si parla ancora poco. L’intento del volume di Respinti, non è tanto quello di tracciarne una storia completa (ancora brevissima): è una raccolta di suoi articoli, scritti nel primo semestre del 2010 che spiegano, in modo anche molto comprensibile, cosa sia il nuovo soggetto politico. Le cause sono presto dette: un mix di progressismo nelle scelte etiche e di statalismo spregiudicato in quelle economiche, fanno di Baraci Hussein Obama il presidente più ideologico della storia recente americana. Un leader
più europeo continentale che americano, sempre più staccato dai sentimenti della popolazione.
In America, nella parte di opinione pubblica che si identifica con il movimento conservatore (la “Right Nation”), istanze di libertà economica e di tradizionalismo etico si fondono molto più che in Europa. Le famiglie chiedono libertà dallo Stato per preservare la loro funzione di cellule-base della società. Essere tradizionalisti, negli Stati Uniti, vuol dire soprattutto voler conservare una storia di libertà, di fuga di coloni dalle tirannie europee, di creazione di una società nuova basata su regole religiose (o naturali) e non soggetta all’arbitrio di un potere assoluto.
Il Tea Party iniziale, la rivolta a Boston del 1773, rievocata nel primo capitolo del volume, fu essenzialmente una protesta contro l’arbitrio del fisco britannico. E fu questa rivolta anti-fisco a dare il là a tutta la Rivoluzione Americana. E’ questa la base ideale e sentimentale che ha dato origine ai Tea Party. Respinti ci fa conoscere i personaggi principali del movimento. Non solo Sarah Palin (che ormai è una celebrità in tutto il mondo, dopo la sfortunata candidatura a vice-presidente nel 2008), ma anche Scott Brown, il più laico fra gli esponenti del Tea Party, neoeletto Senatore repubblicano del Massachusetts, l’uomo che ha spodestato il feudo dei Kennedy. Si parla di un vecchio volto noto quale Newt Gingrich, autore della spettacolare vittoria repubblicana alle elezioni di medio termine del 1994 e della novità Nikki Haley, indiana d’India, vittima di una campagna di diffamazione su sue presunte infedeltà coniugali, ma vincitrice delle primarie repubblicane del South Carolina proprio perché sostenitrice del trinomio “Dio-Patria-Famiglia”.
E infine Randall Howard “Rand” Paul, l’uomo che ha risvegliato l’attenzione anche dei più sonnacchiosi commentatori politici: figlio del congressman libertario Ron Paul ha vinto in modo schiacciante le primarie repubblicane nel Kentucky e sarà, stando ai sondaggi, eletto senatore.
Soprattutto (è questo il valore aggiunto di questo piccolo volume) si parla di queste idee e di questi uomini adesso, prima delle elezioni del 2 novembre. Prima che se ne impossessino i grandi media americani e poi, per contagio, i “giornaloni” italiani. Prima che queste idee e questi uomini diventino stereotipi e caricature nella prossima campagna di delegittimazione pubblica, al pari di chi li ha preceduti: Barry Goldwater, un semi-libertario dipinto come un razzista, Ronald Reagan, un uomo pio dipinto come signore della guerra, o i neoconservatori, progressisti democratici dipinti come una cupola reazionaria del potere. Si sa già come verranno caricaturizzati i tea partiers: bianchi, razzisti, armati. Intanto leggiamoli per quello che sono nella realtà.

Stefano Magni
l'Opinione, 19/10/2010

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