sabato 16 ottobre 2010

Tea Party nel Pdl, il no della Sicilia

Berlusconi vorrebbe creare un nucleo dalle tematiche ultra-conservatrici in Italia. Nell'Isola esiste già una sezione fondata a Catania un paio di settimane fa. Che risponde pollice verso alle avance del premier. Nessuna strumentalizzazione politica, l'obiettivo è la riduzione del peso fiscale

di Carlo Lo Re

Il Tea Party, il movimento anti-tasse americano che sta diffondendosi anche in Europa, inizia a fare gola ai big della politica tradizionale. E così, dopo l'interessamento della repubblicana statunitense Sarah Palin, nel 2008 vice del candidato alla Casa Bianca John McCain, in Italia arriva quello di Silvio Berlusconi, intenzionato ad utilizzare il nuovo strumento di raccolta del consenso, basandosi su temi pro-life e a favore della famiglia, per risalire la china nei sondaggi. Perché, ormai è chiaro, ad un Popolo della Libertà che perde pezzi non può più bastare lo slogan della rivoluzione liberale, soprattutto con la spada di Damocle di elezioni anticipate, impensabili appena un anno fa.
Consultazioni anticipate che potrebbero arrivare pure in Sicilia, dove il Pdl vive un periodo certo burrascoso da quando, nel luglio 2009, è risultata difficilmente ricomponibile la frattura dei vertici regionali, Giuseppe Castiglione e Domenico Nania, con Gianfranco Micciché. La nascita del Pdl-Sicilia prima, appunto nell'estate dello scorso anno, e di Forza del Sud oggi sono elementi di cui non si può non tenere conto nel sempre magmatico panorama politico siciliano, ma certo il Pdl lealista nell'Isola è ancora una corazzata. Corazzata che non è da escludersi possa dover nuovamente affrontare le urne a breve. Sia a livello regionale che, con un classico effetto domino, a livello provinciale e comunale.
Proprio dalla Sicilia, in pieno (ma forse bisognerebbe dire anche in perenne) fermento pre elettorale, arriva un no secco al tentativo di “scippo” del premier Berlusconi dell'odierna idea principe della politica a stelle e strisce (sulla quale, per le Edizioni Solfanelli di Chieti, è appena uscito il bel saggio di Marco Respinti dal titolo L'ora dei “Tea Party”. Diario di una rivolta americana). Perché in Italia come in Sicilia il Tea Party esiste, è strutturato e cerca anche di diffondere il suo messaggio ultraliberista, con giornate di studio e dibattiti.
Nell'Isola, dove la locale sezione è stata ufficialmente presentata a Catania durante un convegno qualche settimana fa, pronta è stata la reazione alla “avance” del premier.
«Un "Tea Party di partito", oltre che essere uno strambo bisticcio di parole, è assolutamente improponibile», spiega a Milano Finanza Sicilia Orazio Mario Zaccà, uno dei promotori del movimento antitasse che a breve dovrebbe riunirsi per definire cariche e ruoli regionali.
«Rivitalizzare tramite le idee fresche del Tea Party sommate allo “stile Mediaset” un Pdl in forte crisi e riuscire a riattivare l’elettorato di centrodestra mi pare un po' difficile – prosegue Zaccà – ma soprattutto sarebbe la morte di un progetto di più ampio respiro, ambizioso e nobile, ovvero una piattaforma di base e dalla base che dialoghi con tutti, ma non si allei con nessuno, sempre e comunque esterna ai partiti».
Insomma, il Tea Party Italia, il cui brand è stato opportunamente registrato tempo addietro, è fiero della sua autonomia e, sottolinea Zaccà, «non è agli ordini di nessuno, bensì al servizio del Paese e continuerà senza tentennamenti nell'opera di diffusione delle sue idee, ossia l’abbattimento delle tasse e la conseguente ripresa dell'Italia, colosso economico in crisi sì, ma che certo ha tutte le potenzialità per tornare ad essere il quinto produttore mondiale. In ogni caso, il progetto ha senso solo se rimane una lobby di cittadini “laici” che conducono una battaglia contro il fisco opprimente e la spesa pubblica tentacolare».
Insomma, Silvio Berlusconi deve trovare un altro modo per risollevare le sorti del Pdl, perché di “cedere il marchio”, per così dire, e farsi governare dalla Daniela Santanchè (questo il nome che pare abbia deciso il premier per guidare l'iniziativa di “acquisizione” fondandola sui temi della famiglia e della vita) i giovani del Tea Party proprio non ne vogliono sapere.
Come i Tea Party Patriots, con cui gli italiani sono in contatto, respingono da sempre il tentativo di stabilire legami politici fatto dall’establishment repubblicano, allo stesso modo il Tea Party Italia si tiene distante dai partiti. «Del resto – chiosa Zaccà – non siamo noi a dover inseguire i politici, semmai è il contrario, perché in ogni Paese democratico che si rispetti è la politica a cogliere le esigenze della società civile e fornire risposte. O almeno tentarci».

Milano Finanza Sicilia, sabato 16 ottobre 2010, p. S2

http://www.milanofinanza.it/giornali/preview_giornali.asp?id=1682368&codiciTestate=40&sez=giornali&testo=&titolo=Tea%20Party%20nel%20Pdl,%20il%20no%20della%20Sicilia

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